Villa Sora è una delle sei Ville Tuscolane di Frascati, posta precisamente sull’antica via Romana, oggi Via Tuscolana. Un tempo, la superficie su cui sorge la villa faceva parte del “Tuscolano” di Licio Licinio Lucullo e, in epoca successiva, della villa di Saverio Sulpicio Galba, imperatore di Roma dal 68 al 69 d.C.
Un casale di campagna venne costruito sul fondo a partire dalla prima metà del XVI secolo e conosciuto con il nome di “Torricella”. Le prime notizie documentate risalgono all’anno 1546 e sia l’edificio che il terreno circostante a quell’epoca risultavano di proprietà dei religiosi della cappella del “Santa Sanctorum” di Roma. Successivamente, la costruzione subisce profonde trasformazioni e ampliamenti a opera dei nuovi proprietari, i conti Moroni, di origine milanese, che ebbero il raro privilegio di ospitare nella villa restaurata sia il papa Gregorio XIII che il cardinale Carlo Borromeo nel novembre del 1582. Dopo tale solenne visita, la villa prese anche il nome di “villa del papa”, potendosi altresì fregiare dell’insegna dei Boncompagni (la casata del pontefice) sul portone principale. Nel maggio del 1600, Giacomo Boncompagni, duca di Sora e figlio naturale di Gregorio XIII, acquistò la proprietà da Bartolomeo Moroni ponendovi la propria residenza con la moglie Costanza Sforza di Santa Fiora. I Boncompagni rimasero proprietari della villa per quasi trecento anni, alternando periodi di splendore a fasi di decadenza. Finché nel 1893, Rodolfo Boncompagni Ludovisi, principe di Piombino, cedette la villa con tutti gli arredi a Tommaso Saulini che la tenne fino al 1900 per lasciarla poi ai padri salesiani che ne conservano tuttora la proprietà.
Con l’avvento dei salesiani, la struttura architettonica dell’antica villa venne rivista. Fu istituito un collegio che a lungo rivaleggiò con il Nobile Collegio di Mondragone, gestito dai Gesuiti. I salesiani costruirono, nel 1912, un nuovo corpo di fabbrica destinato a ospitare delle scuole che verrà congiunto alla villa, nel 1926, attraverso un lungo corridoio. L’originaria costruzione era caratterizzata da un edificio a forma quadrata a tre livelli, dotata di due torrette: una con vista su Roma, l’altra, più piccola, prospiciente la facciata principale. Passato il portale d’accesso, si accedeva nel cortile e, per mezzo di una scala, ai piani superiori. Nel salone, al piano nobile del palazzo, sulle quattro pareti vi sono affreschi con scene allegoriche che riproducono le nove muse, intervallate dalla rappresentazione di uomini illustri e da scene di paesaggio. Per lungo tempo la decorazione di questa sala è stata attribuita ai fratelli Taddeo e Federico Zuccari ma studi più recenti e approfonditi la indicano affrescata da Cesare Rossetti, della bottega del Cavalier d’Arpino. Attigua al salone si trova la bella cappella detta di San Carlo Borromeo: sulla porta è rappresentata l’Annunciazione, sull’altare trova spazio la tela dell’Assunzione della Vergine e nella volta la SS. Trinità, ciclo attribuito a Nicolò Riccioloni.